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Forum dell’iniziativa dei cittadini europei

Plasmare il futuro digitale dell'Europa: In che modo i cittadini possono influenzare la politica?

Autore: MR. Roland Landry |
Ultimo aggiornamento: 11 February 2025 |
Numero visualizzazioni: 75

L'economia digitale sta trasformando rapidamente l'Europa, incidendo su tutto, dalla privacy online alla cibersicurezza, dalla regolamentazione dell'IA all'istruzione digitale. Sebbene l'UE stia elaborando attivamente le politiche digitali, la partecipazione dei cittadini rimane fondamentale per garantire che tali politiche riflettano le esigenze e le preoccupazioni dei cittadini.

In che modo l'iniziativa dei cittadini europei può essere utilizzata per influenzare le politiche digitali?

Quali sono le maggiori sfide per rendere l'economia digitale equa e accessibile a tutti?

I cittadini dovrebbero avere più voce in capitolo nelle normative sull'intelligenza artificiale e sulla privacy dei dati?

Discutiamo di come noi, in quanto cittadini europei, possiamo svolgere un ruolo più importante nel plasmare il futuro dell'economia e della società digitali europee. Condividi i tuoi pensieri e le tue idee qui sotto!

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Commenti

Sharon Brown | 23 February 2025

ciao

Sebastiano Poli | 27 March 2025

Regolamentare l’universo digitale rappresenta una delle sfide più complesse dell’età contemporanea. La natura deterritorializzata delle tecnologie digitali, la rapidità con cui si sviluppano e l’estrema eterogeneità degli attori coinvolti rendono difficile l’elaborazione di un quadro normativo stabile e condiviso. Eppure, è proprio in ragione di questa complessità che si avverte con forza la necessità di un coinvolgimento più ampio dei cittadini (e dei residenti negli Stati membri) nei processi decisionali che plasmano lo spazio digitale europeo. Assumono quindi un ruolo centrale strumenti come l'ICE, i panel europei dei cittadini e altre forme di democrazia partecipativa e deliberativa. 

Certo, per partecipare (e farlo seriamente) bisogna, prima di tutto, comprendere: entra qui in gioco una sfida impegnativa che deve essere affrontata con urgenza per consentire una partecipazione informata ed efficiente, ovvero la lotta contro l'analfabetismo digitale. Secondo i dati pubblicati da Eurostat nel febbraio 2024, circa il 45% dei cittadini europei tra i 16 e i 74 anni non possiede competenze digitali di base, mentre quasi il 7% non ha mai utilizzato Internet (https://ec.europa.eu/eurostat/en/web/products-eurostat-news/w/ddn-20240222-1). Senza un piano europeo serio e articolato di formazione e inclusione digitale, il rischio è che l’economia digitale si sviluppi in modo diseguale, rafforzando le asimmetrie sociali ed escludendo ampie fasce della popolazione dalla possibilità di esercitare pienamente i propri diritti di cittadinanza.

Sicuramente, la regolamentazione dei sistemi che utilizzano l’intelligenza artificiale rappresenta un punto cruciale. Professioni come quelle del doppiatore, dell’artista grafico, dell’illustratore o del compositore sono oggi esposte al rischio concreto di essere sostituite da algoritmi capaci di riprodurre voce, immagini o musica, senza che vi sia un adeguato riconoscimento economico o morale. 

Nel quadro delle politiche di regolazione dell’ambiente digitale, un ulteriore aspetto meritevole di attenzione riguarda l’età minima per l’accesso ai social network. Questa proposta ha per me un significato personale. Durante la mia infanzia, ho trascorso molte ore davanti al computer, spesso per noia, in mancanza di strumenti per interpretare ciò che vedevo e con cui interagivo. A posteriori, riconosco che l’accesso precoce al mondo digitale, e in particolare ai social, richiede una maturità emotiva e cognitiva che mi mancava (ed è così per molti altri tra i più giovani). L’educazione al digitale dovrebbe accompagnare l’ingresso in questi spazi in modo graduale.

 Sarebbe opportuno fissare l’età minima per l’accesso ai social a 15 o 16 anni, come già proposto o discusso in alcuni Stati membri. In Spagna, ad esempio, è in discussione l’ipotesi di elevare l’età minima per l’accesso ai social network a 16 anni (https://cadenaser.com/nacional/2025/03/25/elevar-a-16-anos-la-edad-para-abrir-cuentas-en-las-redes-sociales-y-castigar-los-deepfakes-claves-de-la-ley-de-menores-en-el-entorno-digital-cadena-ser), mentre in Francia si sta riflettendo sulla possibilità di prevedere il consenso esplicito dei genitori per i minori di 15 anni (https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/03/04/francia-no-ai-social-network-prima-dei-15-anni-la-proposta-di-legge-a-tutela-dei-giovanissimi/7085600). L’obiettivo di queste proposte non è quello di limitare in modo punitivo l’accesso al digitale, ma piuttosto di accompagnare i più giovani in un percorso più consapevole e sicuro. I rischi legati a un uso precoce e non guidato dei social – dall’esposizione a contenuti inappropriati al cyberbullismo, dalla dipendenza digitale alla diffusione dell’odio online – richiedono risposte attente ed equilibrate. 

Alla luce di quanto detto, forse dovremmo smetterla di raccontare il digitale come qualcosa di posticcio rispetto alla realtà sociale, dal momento che esso è ormai radicato nel tessuto sociale e ne condiziona profondamente lo sviluppo. Quindi, se aspiriamo a un futuro digitale che rispecchi i nostri valori, è indispensabile partecipare, ascoltare, contribuire e prendere parola. 

Come la democrazia, anche il futuro digitale ha bisogno di essere partecipato e vissuto.